RAZIONALE
Nel numero di agosto del 2006, il New Englad Journal Of Medicine, in un articolo di Thomas Bodenheimer dal titolo “Will it survive? paventava la scomparsa delle “Primary care”.
La rivista sosteneva che il futuro della disciplina è strettamente legato alla capacità di rispondere adeguatamente alla sfida delle malattie croniche, attraverso radicali cambiamenti nella cultura dei medici e nell’organizzazione delle loro attività. L’articolo concludeva che in assenza di cambiamenti rapidi le cure primarie saranno affidate alle professioni sanitarie non mediche.
Queste valutazioni furono ampiamente condivise dai General Practioners inglesi nel loro documento del 2007 “The Future Direction of General Practice”. La necessità di un profondo rinnovamento culturale e organizzativo dei medici di famiglia è peraltro presente ormai da alcuni anni anche in Italia.
L’insieme di disease management, controllo di qualità e pagamento per performance (P4P) offre alle cure primarie e ai medici di famiglia l’opportunità di conquistare la leadership in una sanità che ancora non riesce a trovare una ricetta efficace e credibile nella lotta contro le malattie croniche. Una leadership che necessariamente deve poggiare su una serie di alleanze (con un ampio ventaglio di figure professionali e, prima ancora, con i propri assistiti) e sulla “ac- countability (ovvero la capacità di rendere conto con dati alla mano, in ogni momento, dei risultati del proprio lavoro).
Oggi le patologie croniche rappresentano certamente una delle principali emergenze per il sistema sanitario italiano, il quale, dal canto suo, scarica troppi oneri sulle spalle del paziente cronico e dei suoi fa- miliari. Inoltre un modello fortemente incentrato sul ricovero crea una domanda distorta, un aumento dei costi e uno sbilanciamento nella qualità dei servizi.
Lo spostamento delle cure dal centro di ricovero al domicilio implica l’organizzazione di modelli di servizio personalizzati e a geometria va- riabile, in cui si sviluppi un “disease management” nel trattamento delle cronicità (es. Chronic Care Model) e si diffondano i principi e le tecniche di controllo della “qualità” delle cure (es: Quality As- surance in Health Care )
I medici di famiglia hanno dovuto confrontarsi con un nuovo lessico e con nuovi impegni, si è creato persino un nuovo modo di remunerazione (pay-for-performance) basato su indicatori attraverso cui si possono identificare e premiare i gruppi di medici con i migliori risultati e destinato a incidere profondamente sull’organizzazione delle attività.
La diffusione del disease management, del controllo di qualità e del Pay for Performance ha costituito nel sistema delle cure primarie e della medicina generale, laddove è stata realizzata, una potente innovazione.
Il Chronic Care Model in molte parti del mondo ha trasformato l’or- ganizzazione della medicina di famiglia, fornendo una solida cornice concettuale per l’indispensabile innovazione. Ma mentre questa prevede la centralità del paziente, spesso il modello è stato usato e ha funzionato bene nella gestione di singole malattie, diventando però inevitabilmente disease-centered.
Barbara Starfield e Iona Heath, medici di famiglia e cultrici della materia, hanno ripetutamente messo in guardia la comunità scientifica e il mondo medico sulla deriva disease-centered del CCM.
Sulla base di tali riflessioni l’American College of Physicians ha approvato nel 2007 un Manifesto etico dal titolo “Pay- for-performance principles that promote patient-centered care” dove si legge: “Le misure di qualità dovrebbero rendere riconoscibile l’assistenza globale d’eccellenza. Esse devono premiare l’efficace gestione delle forme complesse di co-morbilità, venendo incontro ai bisogni di supporto e di comunicazione dei pazienti, garantendo la continuità dell’assistenza e gli altri elementi distintivi dell’assistenza globale. Tutti gli indicatori devono sostenere e valorizzare un’appropriata assistenza al paziente e la relazione medico-paziente.”
I medici di medicina generale in Italia, attraverso le organizzazioni di categoria e le società scientifiche da anni stanno preparandosi e candidandosi alla gestione territoriale dei pazienti cronici. Sono stati realizzati studi, progetti di respiro più o meno ampio, con importanti risultati positivi laddove vi è stato impegno della parte pubblica, ma a macchia di leopardo e con mancanza di continuità, malgrado i tra- guardi raggiunti.
Il Congresso tratterà i temi della risposta della Medicina Generale alla sfida delle cronicità, il bisogno di attuare percorsi integrati di gestione dei pazienti, la necessità di monitorare e di misurare i risultati delle attività dei professionisti (come singoli e come gruppi), e di confrontarli in una ottica di miglioramento continuo delle performance con la scelta di indicatori che misurino e facciano risaltare lo specifico della medicina generale, la presa in carico globale, la cura delle complessità, delle comorbilità, della fragilità.
È sicuramente più facile trovare indicatori per valutare la riuscita di un difficile intervento chirurgico che quelli per valutare il mantenimento di una qualità di vita autonoma accettabile in una persona anziana con pluripatologie croniche. Ma anche ciò fa parte della sfida che la complessità dell’individuo lancia a chi si occupa di sanità.
***
01-10-2017